mercoledì 13 maggio 2015

Fiore Rosso Senza Nome: L'Ucraina e la nuova minaccia nazista - Intervista a Giulietto Chiesa (Parte 2)

Da tempo, ormai, in Ucraina, nell'Europa dei "70 anni di Pace", si sta combattendo una guerra silenziosa, o meglio silenziata (dai nostri media), tra il governo ucraino, col sostegno di gruppi armati neonazisti, e le popolazioni filorusse che, secondo il principio di autodeterminazione dei popoli, hanno chiesto l'indipendenza dallo stato Ucraino, sempre più ostile nei confronti della Federazione Russa, che i filorussi considerano la propria terra-madre. Per comprendere meglio la situazione, abbiamo intervistato il giornalista Giulietto Chiesa che, tramite la sua PandoraTV, ha proposto un'informazione alternativa a quella dei media "anti-russia". L'intervista, abbastanza dettagliata, verrà pubblicata in quattro parti, di cui questa è la seconda. Per restare aggiornati sulla pubblicazione seguite il blog, la pagina facebook Di Resistenza si deve parlare e il mio profilo twitter. Qui trovate la prima parte. Ecco la seconda parte dell'intervista.

Nel momento dell’Euromaidan, qual è stato il ruolo di Poroshenko che, successivamente, sarebbe diventato presidente dell’Ucraina?
L'attuale presidente ucraino, Petro Oleksijovyc Poroshenko.

In quel momento Poroshenko non era neanche apparso in prima linea. Appare dopo. In quel momento, gli uomini di punta erano Parubia, Nalyvaichenko, capo dei Servizi Segreti, uomo della CIA, e l’ambasciatore americano [Geoffrey Pyatt, NdA]. Questi erano i protagonisti. Poi quelli che abbiamo visto in prima fila erano Yarosh, il capo di Settore Destro, Parubia, appunto, questo gruppo di avventurieri militarizzati di estrema destra nazista. Ribadisco il termine: “nazista”!. Non “fascista”! Quelle erano e restano formazioni naziste. E, infatti, il loro idolo è Stepan Bandera, che, per una lunga fase, è stato a capo delle formazioni naziste Waffen-SS in Ucraina contro l’Unione Sovietica, schierandosi dalla parte dei nazisti, durante la Seconda Guerra Mondiale. Quindi definire “naziste” queste forze è assolutamente legittimo perché loro stessi usano i simboli del nazismo, usano le parole d’ordine del nazismo e i loro progenitori hanno combattuto contro l’Unione Sovietica, che combatteva il nazismo. Quindi tutto torna perfettamente.

E quindi, in realtà, quand’è che entra in gioco Poroshenko?

Dopo che c’è stato il colpo di Stato, cioè febbraio-marzo. Alla fine di marzo [2014, NdA], appare Poroshenko, come uomo tirato fuori dal “cappello a cilindro”. Poroshenko, non dimentichiamo, è stato in diversi governi precedenti. Era, non solo un oligarca ricchissimo, ma un politico già partecipante a tutte le precedenti rivoluzioni, compresa la rivoluzione colorata del 2008. È stato, se non sbaglio, ministro con Juscenko. È un uomo chiaramente filo-occidentale ma anche legato alla Russia, per certi affari delle sue conglomerate finanziarie politiche. Quindi, viene tirato fuori lui e viene presentato lui come candidato presidente, perché anche gli americani si rendevano conto che non si potevano portare in prima fila personaggi come Yarosh o come la signora Tymoshenko perché erano già screditati, quindi non servivano. Bisognava portare fuori un uomo relativamente nuovo. Quindi appare come candidato alle elezioni presidenziali, sostenuto dagli Stati Uniti, Poroshenko. Tutto qui. Quindi non credo che abbia un peso particolare. In realtà, Poroshenko è persona di transizione. Non durerà a lungo neanche lui. Non credo che sia a lungo al potere. Primo, perché non riesce a tenere il potere e quindi lo potrebbero fare fuori i suoi stessi alleati; secondo, perché l’Europa adesso ha bisogno di una personalità meno compromessa con il passato vicino, quindi vorranno tirar fuori qualcun altro. Ma, allo stato attuale delle cose, qualcun altro non c’è; ci sono soltanto uomini dell’estrema destra che hanno in mano la gran parte del potere, quindi vedremo…

Cos’è accaduto in Crimea?

Dunque, la questione della Crimea è abbastanza curioso, perché c’è stato un referendum in Crimea. Il referendum segue, con quindici giorni di distanza, la fuga dei russi. La Crimea, come sappiamo, è un punto-chiave di tutta questa storia, perché in Crimea c’è, e c’era anche allora, la base militare di Sebastopoli. La base militare di Sebastopoli è una base cruciale per la sicurezza nazionale della Russia. Sebastopoli ha una storia russa: dai tempi di Tolstoj, la gran parte della popolazione di Sebastopoli è russa, così come lo è in Crimea e, quando avviene il colpo di Stato nazista a Kiev, i russi, sia quelli di Kiev, sia quelli di Odessa, sia quelli di Charkov [Charkiv in ucraino, NdA], sia quelli di Dnepropetrovsk [Dnipropetrovsk in ucraino, NdA], hanno cominciato a preoccuparsi: “Che sta succedendo? Come mai questa cosa assume una caratteristica così violentemente anti-russa?”. È ovvio che i russi siano stati preoccupati. In particolare in Crimea, dove ha giocato anche la presenza e l’interesse nazionale russo: lì c’era già un contingente militare russo. La Crimea, quindi, decide, in perfetta sovranità: il parlamento di Crimea, che era una Repubblica con larga zona d’autonomia, anche all’interno dell’Ucraina, parlamento che era stato in carica durante il regime ucraino, non è che sia stato eletto all’ultimo momento, era un parlamento legittimo e in vigore, cioè nei suoi pieni poteri, si riunisce e dice: “Di fronte a ciò che è accaduto nella capitale, noi riteniamo di porre il problema alla popolazione se voglia rimanere parte dello Stato ucraino o se voglia uscirne e rivolgersi alla Russia”. Il referendum, quindi, viene deciso legalmente, dal parlamento della Repubblica di Crimea. Legalmente. Un referendum che viene fatto in una situazione pre-guerra.
Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin.
Non si può fare tanto scandalo: certo che Putin, dall’esterno, vede il pericolo e rafforza il contingente militare russo in Crimea. Io, personalmente, ritengo che questa decisione sia stata assolutamente saggia, perché ha impedito la guerra in Crimea. Se non ci fosse stata questa decisione, sarebbero partiti i gruppi nazisti per occupare la Crimea e ci sarebbe stata la guerra civile e sarebbero morte centinaia e migliaia di persone. La presenza forte russa ha garantito che questo referendum avvenisse senza spargimento di sangue. Qualcuno dice: “Allora il referendum è stato fatto sotto la minaccia russa!”. Ma la minaccia russa, di fatto, ci sarebbe già stata, perché i russi avevano le truppe in Crimea. Non dovrebbe essere un mistero per nessuno: i russi avevano le truppe, avevano le navi, avevano la marina, avevano l’aviazione in Crimea, in perfetta legalità. C’erano degli accordi internazionali tra Russia e Crimea e riconosciuti anche dalle Nazioni Unite. Quindi, Putin ha accresciuto il contingente militare e ha fatto in modo che il referendum si tenesse. Ha falsato il referendum? Chi conosce la situazione sa che il risultato del referendum non è stato minimamente falsato. Hanno stravinto le forze che chiedevano di uscire dall’Ucraina e di entrare come soggetto sovrano all’interno della Repubblica federale russa. Solo il giorno dopo il referendum, Putin ha dichiarato che la Crimea era parte della Russia e ha usato la frase: “La Crimea è ritornata al suo approdo nazionale e patriottico!”. Naturalmente, la versione occidentale è esattamente l’opposto: Putin ha annesso la Crimea. Questa è un’affermazione non vera, semplicemente. Putin non avrebbe toccato un centimetro quadrato dell’Ucraina se non ci fosse stato il colpo di Stato nazista a Kiev. Il referendum della Crimea è il risultato del colpo di Stato nazista a Kiev. Aggiungo: dove questa operazione non è stata possibile, cioè nel Donbass, la guerra è cominciata dopo, praticamente, un mese e mezzo. Cioè, i russi del Donbass hanno riflettuto ancora un mese e mezzo, prima di scegliere la strada della ribellione aperta. La prima richiesta che fecero fu quella dell’autonomia. Si trattava, quindi, di discutere, se ci fosse stato un governo democratico, di sedersi intorno a un tavolo e dire: “Va bene, qual è l’autonomia che volete, vediamo fin dove ci possiamo spingere, ecc.”. 
Il capo di Stato provvisorio dell'Ucraina, Oleksandr Turcynov.
Sarebbe iniziato un negoziato. Invece del negoziato, l’allora capo di Stato provvisorio, Turcynov, e per questo ragione dovrebbe processato da un tribunale per i crimini di guerra, dichiarò la legittimità dell’intervento dell’esercito, violando la Costituzione esistente in Ucraina e fece intervenire l’esercito con i carri armati, i cannoni, l’aviazione, ecc. E quindi, ai russi del Donbass, che chiedevano di essere riconosciuti come soggetto autonomo, con molti gradi di sovranità all’interno del territorio ucraino, venne risposto con la guerra, che si è condotta nel corso di un anno, e, come sappiamo, ha portato alla sconfitta militare dell’esercito ucraino. Perché nel Donbass l’esercito ucraino è stato sconfitto militarmente con gravissime perdite. E, quindi, dopo aver perso la Crimea, in modo, assolutamente, inequivocabile, la Crimea non tornerà mai più sotto la giurisdizione ucraina, adesso l’Ucraina ha, di fatto, perduto due regioni: il Lugansk e il Donetsk. E non saranno più riconquistate in alcun modo. Dove andranno e cosa succederà non lo sappiamo. Certo, la Russia non vuole inglobarle e non ha nessuna intenzione di assumerle al suo interno. Quindi dire che la Russia vuole prendersi pezzi di Ucraina non è vero. Non c’è nessuna dichiarazione, non c’è nessuna presa di posizione in questo senso. C’è una parte delle forze di Resistenza del Donbass che vuole andare in Russia, una parte c’è. Ma non è questa la volontà della Russia, per cui, per il momento, secondo me, sarebbe ragionevole mantenere il “cessate il fuoco”, avviare il negoziato, definire dei confini e cercare di sopravvivere il più a lungo possibile senza fare altri danni e altre morti. Purtroppo, temo che a Kiev ci sia della gente che vuole sterminare i russi del Donbass e continuerà a combattere, ma ormai non più con le armi proprie ma con quelle che gli daranno gli americani e i polacchi. Questo è il punto dove siamo adesso.

Tornando alla Crimea: vengono votati due referendum, il primo per ottenere l’indipendenza dall’Ucraina (vince con il 97%) e il secondo per richiedere l’annessione alla Russia. Ma l’Unione Europea e gli Stati Uniti non riconoscono nessuno dei due. Quindi vengono meno ai loro ideali di autodeterminazione dei popoli?

Questa cosa dei due referendum non mi pare corrispondente al vero: il referendum è stato uno solo, poi c’è stata la decisione della Russia di accettare la Crimea, sulla base del referendum. 
A Sebastopoli, i russofoni nei giorni del referendum.
Poi c’è stata la formalizzazione del passaggio delle due entità sovrane e autonome, cioè la Crimea e la città di Sebastopoli. Quindi la Russia non ha acquisito una repubblica, ma due: la Repubblica autonoma di Crimea e la città di Sebastopoli. Sono due entità separate, da un certo punto di vista, ma che, ora, fanno parte tutte e due della Federazione Russa. Questa è la storia che so. Naturalmente si è fatto uso del principio di autodeterminazione dei popoli. Questo principio che è sancito dalle Nazioni Unite, ovviamente, viene utilizzato dall’Occidente quando e dove gli fa comodo. Quando gli ha fatto comodo nel Kosovo, hanno deciso che il Kosovo poteva diventare indipendente rispetto alla Federazione Jugoslava, senza neanche un referendum, e hanno accettato la dichiarazione di sovranità di un esercito rivoluzionario che era l’UCK [Ushtria Clirimtare e Kosoves, “Esercito di Liberazione del Kosovo”, in inglese Kosovo Liberation Army (KLA), NdA]. Invece, nel caso della Crimea, nonostante il referendum, l’Occidente non riconosce quel che dice e così si è violata l’integrità territoriale dell’Ucraina. Naturalmente, questa è una tesi giuridicamente molto opinabile. Il popolo di Crimea ha usato in piena legalità della propria sovranità nazionale e ha applicato il principio di autodeterminazione che, ripeto, è uno dei due principi fondamentali che le Nazioni Unite hanno adottato come criteri di legge. Quindi l’Occidente usa due pesi e due misure: quando gli serve ne usa uno, quando non gli serve ne usa un altro.

CONTINUA...

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lunedì 11 maggio 2015

Fiore Rosso Senza Nome: L'Ucraina e la nuova minaccia nazista - Intervista a Giulietto Chiesa (Parte 1)

Da tempo, ormai, in Ucraina, nell'Europa dei "70 anni di Pace", si sta combattendo una guerra silenziosa, o meglio silenziata (dai nostri media), tra il governo ucraino, col sostegno di gruppi armati neonazisti, e le popolazioni filorusse che, secondo il principio di autodeterminazione dei popoli, hanno chiesto l'indipendenza dallo stato Ucraino, sempre più ostile nei confronti della Federazione Russa, che i filorussi considerano la propria terra-madre. Per comprendere meglio la situazione, abbiamo intervistato il giornalista Giulietto Chiesa che, tramite la sua PandoraTV, ha proposto un'informazione alternativa a quella dei media "anti-russia". L'intervista, abbastanza dettagliata, verrà pubblicata in parti, di cui questa è la prima. Per restare aggiornati sulla pubblicazione seguite il blog, la pagina facebook Di Resistenza si deve parlare e il mio profilo twitter. Ecco la prima parte dell'intervista.  

Tutto ha inizio nel 2013, quando l’allora presidente Janukovyc si rifiuta di firmare un accordo economico con l’Unione Europea, preferendone uno con presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. È corretto?

Non è precisamente così: in realtà il rifiuto dell’accordo presupponeva l’apertura di una discussione anche con la Russia, era questa la proposta alternativa. Janukovyc non scelse la Russia: disse semplicemente che l’Ucraina voleva un supplemento di discussione che includesse anche la Russia, cioè che non costringesse l’Ucraina a scegliere esclusivamente e unilateralmente l’accordo di partenariato con l’Europa. Questa era la posizione di Janukovyc che, infatti, non aveva ancora scelto. Quindi la cosa è un po’ diversa. Non è che Janukovyc ha detto “Andiamo con Putin!”, al contrario: in realtà l’Ucraina e Janukovyc stesso avevano condotto per due anni un lunghissimo negoziato con l’Europa. Ma trovandosi di fronte un documento enorme, gigantesco che includeva pratiche anche molto costose per l’Ucraina e siccome Putin aveva messo sul tappeto la proposta di un prestito da 17 miliardi di dollari all’Ucraina è chiaro che rinunciare a queste possibilità e chiudere l’Ucraina dentro l’abbraccio esclusivo dell’Europa ha indotto Janukvyc a frenare. Non si può neanche dire che a Vilnius [Il vertice di Vilnius, al quale Janukovyc avrebbe dovuto firmare l’accordo con l’Europa, NdA] Janukovyc abbia rifiutato ma disse soltanto che non era il momento di firmare. La cosa, quindi, è un po’ diversa. Quindi per misurare la gravità di quello che è accaduto dopo, bisogna capire quello che è accaduto realmente a Vilnius, cioè quello che ho appena detto io. Quindi l’inizio della storia un po’ diverso.
Vladimir Putin e Viktor Janukovyc


È a questo punto che si scatena la protesta dell’Euromaidan.

Sì, sostanzialmente cominciano le prime manifestazioni che accusano Janukovyc di voler andare con i russi, quindi la prima mistificazione nasce con l’inizio di una manifestazione di protesta che dice che Janukovyc vuole rinunciare al rapporto con l’Europa, infatti il tema principale si chiamò proprio Euromaidan, cioè le manifestazioni iniziarono col dire “noi non vogliamo avere nulla a che fare con la Russia, vogliamo l’Europa!”. Questo fu l’inizio delle manifestazioni che, secondo il miglior criterio delle manifestazioni colorate, all’inizio erano pacifiche, numerose, di massa, perché non c’è alcun dubbio che una parte importante dell’opinione pubblica ucraina preferisce nettamente l’Europa a un rapporto con Russia. C’è una storia dietro tutto questo: chi conosce la situazione sa che c’è una larga parte dell’opinione pubblica ucraina che è fortemente animata da uno spirito di rivincita e di ostilità nei confronti della Russia. Quale parte? Una parte è quella non russa: sostanzialmente la Galizia, cioè quella parte dell’Ucraina che faceva parte della Polonia prima della Seconda Guerra Mondiale e che ha una tradizione antirussa e anticomunista. Questa parte, quindi, non vuole assolutamente avere a che fare con la Russia e ha fortemente spinto, legittimamente, perché l’Ucraina rompesse i suoi rapporti con la Russia e entrasse in Europa. Questo schieramento, che i media occidentali hanno frettolosamente definito come “il popolo ucraino”, è, in realtà, una parte dell’opinione pubblica ucraina. Non so neanche se maggioritaria. In piazza sì, sicuramente erano loro i maggioritari, ma che fosse maggioritaria nell’Ucraina in generale, ne dubito. In ogni caso, questa parte non teneva conto di una fortissima minoranza russa, esistente in Ucraina. Ci sono valutazioni diverse che parlano dai 6-7 milioni ai 10-11. Ma anche la cifra minore, 6-7 milioni di persone di etnia russa ma con passaporto ucraino è una minoranza enorme. 6-7 milioni di persone russe che non avevano l’opinione di andare in Europa, proprio per niente, come si è visto dopo. Quindi una linea ragionevole sarebbe stata quella di trovare un accordo tra la minoranza russa e la maggioranza ucraina, pro-europea. Invece, non ci fu nessuna volontà di trovare un accordo e, anzi, lo scontro diventò sempre più unilaterale, trasformandosi in quella che poi è diventata la Euromaidan sanguinosa, con uno scontro prolungato, sempre più violento, sempre più armato, che è avvenuto fino al 22 febbraio 2015. Questa è l’obiettiva descrizione di quello che avevamo sotto gli occhi. Io l’ho seguito con molta precisione, con sistematicità, perché conoscevo bene la situazione ucraina. Mi ricordo di aver scritto, a dicembre del 2013, un articolo sul mio blog del Fatto, in cui dicevo, apertamente, “attenzione perché siamo arrivati al punto che qualcuno vorrà prendere l’Ucraina”. Chi si prende l’Ucraina, a me, risultava chiaro perché, a parte i miei venti anni di corrispondenza da Mosca [per l’Unità, la Stampa, TG1 e TG4, NdA] in cui sono stato anche in Ucraina, anche negli anni 2000 sono stato in Ucraina tre volte a partecipare a dibattiti di livello politico alto sul futuro dell’Ucraina. Quindi conoscevo le varie posizioni e conoscevo anche l’enorme pericolosità politica di una linea che tendeva a portare velocemente tutta l’Ucraina nell’Europa e nella NATO.
La manifestazione Euromaidan
Questo era evidente. Io mi rendevo conto che trascinare l’Ucraina, dal punto in cui si trova fisicamente e politicamente, dentro l’Europa avrebbe comportato tremendi problemi politici e un grave pericolo di guerra, perché questo modificava le questioni della sicurezza comune europea. Non si può girare intorno al lume: la Conferenza di Parigi, in cui si discusse di queste questioni, disse che la sicurezza europea o è comune o non c’è. Una sicurezza, intesa come sicurezza dei confini, militare e politica, funziona solo se tutti i partecipanti si sentono egualmente protetti. Ma trascinare un Paese delle dimensioni dell’Ucraina da un campo all’altro modifica le condizioni di sicurezza europea, perché aumenta sicuramente la sicurezza dell’Occidente ma diminuisce quella della Russia. E, siccome della Russia bisogna tenere conto, io andai a Kiev nell’ultimo incontro all’inizio del 2013, dove dissi “attenzione: se l’Ucraina cambia campo, la sicurezza europea salta per aria!”. Quindi dissi agli ucraini: “Non fate questo passo! Perché, invece di essere un fattore di pace, l’Ucraina diventerà un fattore di guerra, che si percuoterà gravemente sulla vita di 45 milioni di ucraini!”. Questo mi era chiarissimo e sono lieto di averlo detto in quell’occasione, perché chi se lo ricorda saprà che il pericolo era stato preventivato e lo vedevano anche molti ucraini. Questo è quello che io interpreto di questa vicenda, che, comunque, è solo una parte della tragedia che si è consumata. L’Ucraina è, secondo me, finita come stato nazionale unitario. L’Ucraina che vedremo nei prossimi anni non sarà più quella di prima del 22 febbraio del 2013. Difficile che sarà più grande. Sarà molto più piccola e i nazionalisti ucraini che hanno lanciato questa battaglia saranno alla guida di un Paese molto più piccolo e più dipendente di quanto non fosse prima. Ammesso che siano ancora loro al potere. Ma ne dubito.

Possiamo dire che la protesta Euromaidan sia diventata violenta, quando al suo interno ha preso piede il gruppo di estrema destra, Settore Destro?

I neonazisti di Settore Destro
Naturalmente. Nella descrizione (falsa) che tutto l’Occidente ha visto si diceva “nell’Euromaidan c’è il popolo di Ucraina”. In realtà c’era solo la parte di popolazione che si batte contro la soperchieria della Russia (non si capisce quale fosse) e vuole andare in Europa. Ma in realtà, in quella piazza, c’era una parte di forze armate. Non era una piazza casuale, era una piazza molto ben organizzata: adesso sappiamo con molta precisione, perché abbiamo tutta la documentazione e i dati, che Settore Destro e i gruppi nazionalisti come Svoboda [“Libertà”, NdA] furono finanziati direttamente dagli Stati Uniti d’America, informati, organizzati, dotati di strumenti finanziari e di armi dagli USA, dalla Gran Bretagna, dalle Repubbliche Baltiche, soprattutto dalla Polonia. Ci sono stati campi di addestramento, nel corso dei due anni precedenti (2011-2012) e anche prima, in Polonia e in Ucraina. Quindi la domanda è: come mai da tempo si stavano preparando formazioni armate, bene addestrate, che sarebbero poi entrate in campo per guidare la rivolta di Euromaidan? Non c’è niente di casuale in tutto ciò che è avvenuto. Era stato preparato da tempo. Quindi ciò che è accaduto non è un prodotto del caso, né del volere del cosiddetto “popolo ucraino”. Il popolo ucraino è stato in gran parte manipolato e trascinato in un’avventura sanguinosa da interessi esterni: quello statunitense e quello europeo. La cosiddetta “partnership” verso l’Est dell’Europa si è trasformata in una politica coloniale. Tant’è che, nel corso delle manifestazioni di dicembre, gennaio e febbraio [2013-2014, NdA], decine di dirigenti europei, ministri degli esteri, primi ministri, presidenti della Repubblica, si sono alternati sulla piazza Maidan invitando il popolo a ribellarsi, con un atto di incredibile ingerenza negli affari interni di un Paese! Ma come si può ammettere che il Presidente estone, per esempio, va a parlare nella piazza di Kiev, invitando la gente a ribellarsi? Una cosa che dal punto di vista giuridico è fuori da ogni norma! Si tratta, appunto, di ingerenza negli affari interni di un Paese straniero.
Il senatore repubblicano statunitense John McCain
E tutto questo è stato fatto con l’apogeo del senatore americano repubblicano McCain, che in piazza invitò apertamente il popolo alla rivolta dicendo: “Noi americani saremo dalla vostra parte!”. Sono chiarissime e inconfutabili prove di ingerenza dall’esterno. Il tutto, mentre l’intero mainstream occidentale, e l’Italia peggio che altrove, che raccontava sistematicamente delle falsità. Cioè dicendo che il popolo ucraino unanime combatteva contro il corrotto dittatore Janukovyc, presidente eletto legittimamente, e quindi tutto quello che accadeva era legittimo perché il popolo lo voleva. Tutto questo è stato raccontato falsamente, censurando le immagini televisive. Io che guardo attentamente le televisioni russe ho visto cose che voi umani non avete potuto vedere. Io ho visto i poliziotti di Janukovyc della polizia ucraina, che bruciavano vivi in piazza, sotto il fuoco dei lanciafiamme dei rivoltosi. Si vedeva ma questo gli italiani non l’hanno visto mia. Si vedeva che la polizia aveva ricevuto l’ordine di non reagire neanche di fronte ad una vera e propria aggressione armata. E questo ha proceduto per giorni e settimane. Semmai si potrebbe dire che Janukovyc è stato di una ingenuità assoluta perché avrebbe dovuto far intervenire con durezza la polizia. Invece l’ha lasciata in piazza a subire l’assalto delle formazioni militari di Settore Destro e Svoboda che andavano armate in piazza. Tutto questo gli occidentali non l’hanno visto, non lo sanno e, quindi, non sono in grado di giudicare, perché sono stati privati dell’elementare informazione in merito. Questo conferma che l’operazione era programmata, organizzata, progettata per trascinare l’Ucraina in Europa a tutti i costi e, soprattutto, per trascinarla nella NATO.

CONTINUA...

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