martedì 23 dicembre 2014

Il Natale del Lupo

Anche quell'anno, stava per arrivare Natale. In un paesino la gente si preparava ai festeggiamenti. Il negozio più grande del paese annunciava i saldi.
«Ci sono i saldi, Carla!»
«Bene, Gianna! Dovevo giusto comprare i regali per mio marito e mio figlio!»
«Anch'io, ma non so proprio cosa comprare... Hanno praticamente tutto!»
Davanti al negozio, giunsero un gruppo di anziani e bambini malvestiti, guidati da un uomo vestito leggermente meglio. Non meglio: il vestito che indossava era di qualità maggiore, rispetto agli altri, ma era ridotto allo stesso modo, straccioso, degli altri. Anche quello proveniva da un bidone. Un bidone utilizzato da ricchi, ma comunque un bidone. L'uomo fece cenno al gruppo di fermarsi e so avvicinò alle due donne, Carla e Gianna.
«Ci dareste qualcosa?» chiese l'uomo.
«Ma tu sei Il Lupo? Quel tizio che è stato arrestato tante volte... Furto? Omicidio? Cos'altro? Droga? Non avrai niente da me, chiedi a Carla.»
«Perché dovrei darti dei soldi, ora?» chiese l'altra donna.
«Signora, siamo poveri! Non vede? Li vede quei bambini e quei vecchi?»
«Io vedo persone vestite male, nient'altro. La povertà non si vede. E poi la domanda era un'altra: perché oggi?»
«Be', signora...» disse Il Lupo, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo. «È Natale!»
«Dunque?» riprese, impassibile, Carla. «Ieri avevate meno fame di oggi? Cosa cambia il fatto che oggi è Natale, con la vostra fame?»
Il Lupo, a quel punto, si tolse il cappello e, in tono grave, rispose: «La nostra fame è la stessa, signora. O meglio, aumenta di giorno in giorno. È più di ieri, non perché che oggi sia Natale, ma perché oggi è un giorno in più, e domani ne saranno due. Ma il punto non è la mia fame, ma la sua generosità. O dovrei dire ipocrisia. Se a novembre chiedessi soldi davanti ad un negozio, in pochi mi ascolterebbero. Oggi ho accumulato molto. E raccoglierò ancora tanto. Perché siete idioti. Comprate regali in cambio di altri, che magari non vi piacciono. Non spendereste mai quei soldi per voi, ottenete oggetti di valore simile, ma non ciò che vi servirebbe. Fareste prima a darvi gli auguri, comprando ognuno ciò che gli va. Siete idioti. Fate più donazioni, di questi tempi. Ma a noi del Natale non ce ne frega niente: non mangiamo di più a Natale, non dobbiamo comprare regali, no. Dobbiamo mangiare e, forse, vestirci. Come sempre. A voi, qualche soldo in più a Natale può far comodo, non a noi. Voi spendete sempre, apparite sempre. A Natale di più. Noi sopravviviamo. Sempre. Non esiste festa. Noi vorremmo vivere normalmente. Dunque i vostri "tappa-coscienza" natalizi non possono farci del bene, se non per il momento. Vi prendiamo in giro, chiedendovi i soldi a Natale. Speriamo che caschiate nel vostro stesso buonismo, in modo da accumulare più soldi possibili. Ma non per Natale. No. Fino a Natale. Dobbiamo vivere fino alla prossima festa, mentre i vostri bambini rompono i gioccatoli più costosi. Ho rubato? Sì. Per non morire. Ma la vostra elemosina natalizia è una colpa ancor più grave. E lei, signora Carla, ha pensato di essere furba. Dubitare della nostra povertà. Era un pretesto con il quale raccogliamo soldi a Natale, secondo lei. Del resto, le ho detto che ha ragione: a Natale cerchiamo di più. Per furbizia, sì. Ma non per quel che credeva lei. Siamo davvero poveri. I furbi siete voi. Continuerò a rubare. Nella società di oggi non posso sopravvivere in altro modo. Se non è il sistema a gestire la ricchezza in modo più giusto, allora devo pensarci io.»
«Ma lei crede nel Natale?» chiese, allora Gianna.
«No. Io credo in Cristo. E Cristo non crede nel Natale.»

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